Diffida pagamento stipendio: lettera e ricorsi
Da tempo ormai la tua azienda ritarda il pagamento degli stipendi adducendo varie motivazioni: il calo delle vendite, la mancata concessione di prestiti da parte delle banche, la crescita dei crediti insoluti e via discorrendo. Insomma tra promesse e rassicurazioni passano mesi senza tuttavia ottenere dall’azienda quanto ti spetta di diritto. In situazioni come queste è meglio non perdere altro tempo ed inoltrare all'azienda una diffida per mancato pagamento stipendio.
Quando inviare una diffida mancato pagamento stipendio
Se vanti degli stipendi arretrati la prima cosa che puoi fare è presentarti di persona dal tuo datore di lavoro o responsabile del personale ed esigere spiegazioni sulla situazione, oltre che l’assunzione di impegni precisi.
Se le risposte sono vaghe e poco convincenti e non ti viene prospettato neppure un piano di pagamento rateizzato degli stipendi arretrati, ti consigliamo di formalizzare per iscritto le tue richieste.
Ti ricordiamo che in questi casi si è in presenza di un grave inadempimento da parte del datore di lavoro, per effetto del quale puoi richiedere la risoluzione del rapporto di lavoro per “giusta causa” oltre che il pagamento dell'indennità di mancato preavviso (art.2119 c.c.).
Lettera diffida pagamento stipendio
In particolare è necessario in questi casi inoltrare una lettera di diffida con costituzione in mora del debitore inadempiente, con cui evidenzi il mancato pagamento dello stipendio e ne richiedi la corresponsione entro e non oltre un certo termine (normalmente 15 giorni), manifestando l’intenzione di rivolgerti all'autorità giudiziaria al fine di ottenere quanto di tuo diritto qualora il pagamento non venisse effettuato.
Questi alcuni modelli che puoi facilmente adattare ad ogni circostanza:
- lettera sollecito pagamento stipendio;
- lettera diffida e messa in mora pagamento differenze retributive.
Come inoltrare la diffida mancato pagamento stipendio
In proposito devi sapere che per avere valore legale la lettera di diffida e messa in mora per mancato pagamento stipendio deve essere portata a conoscenza della controparte
- con raccomandata a/r o
- tramite posta elettronica certificata (PEC).
In quest'ultimo caso, tuttavia, è più che mai importante perché la diffida abbia valore legale, che la comunicazione tra lavoratore e datore di lavoro avvenga da PEC a PEC.
Diffida pagamento stipendio: quando scatta la prescrizione
Ne approfittiamo per ricordarti che, quale lavoratore dipendente, puoi vantare il tuo credito nei confronti del tuo datore fino a 5 anni dopo la fine del rapporto di lavoro. Oltrepassato questo termine il tuo credito cade in prescrizione.
E se la lettera di diffida e messa in mora per mancato pagamento stipendio non dovesse sortire alcun effetto?
Cosa fare se la diffida non sortisce effetti
In questo caso puoi rivolgerti alla sede territoriale dell'Ispettorato del Lavoro e chiedere l’avvio di una procedura di conciliazione ai sensi dell'410 cpc. Questo il
Se sei tu, in qualità di lavoratore dipendente, ad avanzare la richiesta del tentativo di conciliazione ricorda che nella lettera devi precisare:
- nome, cognome e residenza tuo e del tuo datore di lavoro (nel caso occorre specifica anche la denominazione della ditta/società nonché la sede);
- il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l'azienda alla quale è sei addetto o presso la quale tu prestavi la tua opera al momento della fine del rapporto;
- il luogo dove ti devono essere inoltrate le comunicazioni inerenti alla procedura;
- l'esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della tua pretesa.
Una volta compilata e sottoscritta la richiesta del tentativo di conciliazione devi consegnarla o spedirla mediante raccomandata con avviso di ricevimento alla Commissione Provinciale di Conciliazione e al tuo datore di lavoro.
Se il tuo datore di lavoro intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione, una propria memoria sui fatti oggetto di contestazione. Chiaramente qualora ciò non dovesse avvenire, sarai libero di adire l'autorità giudiziaria.
Entro i 10 giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi 30 giorni. Ricorda che dinanzi alla commissione puoi farti assistere anche da un'organizzazione sindacale cui aderisci o conferisci mandato.
Se si giunge ad un accordo viene redatto un verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione, che ricordiamo è composta da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro ed è presieduta dal Direttore dell'ufficio o da un suo delegato. Il giudice, su tua richiesta, dichiara il verbale esecutivo con decreto. Questo significa che qualora il tuo datore di lavoro non rispettasse gli impegni assunti, tu avresti la possibilità di procedere con un decreto ingiuntivo presso il Tribunale fino ad arrivare all’esecuzione forzata nei confronti del tuo datore di lavoro, e senza neppure citarlo in giudizio.
Se non raggiungi un accordo con il tuo datore, la commissione di conciliazione formula comunque una sua proposta per la definizione bonaria della controversia. Se neppure questa proposta viene accettata, la Commissione redige un verbale che riassume le valutazioni espresse dalle parti. Naturalmente di tutto questo il giudice terrà conto in sede di giudizio.
Ricorso al giudice del lavoro per mancato pagamento stipendio
Se neppure la conciliazione serve a dirimere la controversia, non resta che rivolgerti al tuo avvocato di fiducia e dare avvio alla causa. In questo caso come prova documentale del credito vantato puoi utilizzare naturalmente la busta paga, ma è importante che tu non l’abbia firmata “per quietanza” ma eventualmente solo “per ricevuta e presa visione”. All’occorrenza possono rivelarsi utili anche delle prove testimoniali.
L’obiettivo è ottenere un provvedimento dal Tribunale (decreto ingiuntivo) che ordini all'azienda di pagare quanto dovuto pena l’esecuzione forzata nei confronti dei beni di sua proprietà (immobili, auto, conti correnti, ecc.) o l’avvio della procedura fallimentare.
A tal proposito è bene ricordare che in caso di dichiarazione di fallimento del datore di lavoro interviene il Fondo di garanzia, un Fondo gestito dall'Inps che paga il trattamento di fine rapporto (TFR) e le ultime tre mensilità in sostituzione del datore di lavoro insolvente.