02. Parte II
Legge 8 giugno 1990, n. 142
Ordinamento delle autonomie locali
(in GU 12 giugno 1990, numero 135, S.O.)
17. Aree metropolitane.
1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i
comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,
Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti
abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine
alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita
sociale, nonché alle relazioni culturali e alle
caratteristiche territoriali.
2. La regione può procedere alla delimitazione territoriale
di ciascuna area metropolitana, sentiti i comuni e le
province interessate, entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge (2).
3. Quando l'area metropolitana non coincide con il territorio
di una provincia si procede alla nuova delimitazione delle
circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove
province ai sensi dell'articolo 16 considerando l'area
metropolitana come territorio di una nuova provincia.
4. Nell'area metropolitana la provincia si configura come
autorità metropolitana con specifica potestà statutaria ed
assume la denominazione di "città metropolitana".
5. In attuazione dell'articolo 43 della legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3 (statuto speciale per la Sardegna), la
regione Sardegna può con legge dare attuazione a quanto
previsto nel presente articolo delimitando l'area
metropolitana di Cagliari.
(2) Comma così modificato dall'art. 1, L. 2 novembre 1993, n.
436 (Gazz. Uff. 8 novembre 1993, n. 262). Lo stesso art. 1,
inoltre, ha differito il termine di un anno di cui al
presente comma 2 di un ulteriore anno a decorrere dalla data
di entrata in vigore della stessa legge.
18. Città metropolitana.
1. Nell'area metropolitana, l'amministrazione locale si
articola in due livelli:
a) città metropolitana;
b) comuni.
2. Alla città metropolitana si applicano le norme relative
alle province, in quanto compatibili, comprese quelle
elettorali fino alla emanazione di nuove norme.
3. Sono organi della città metropolitana: il consiglio
metropolitano, la giunta metropolitana ed il sindaco
metropolitano.
4. Il sindaco presiede il consiglio e la giunta (2/a).
(2/a) Vedi, anche, l'art. 3, comma 143, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello stato.
19. Funzioni della città metropolitana e dei comuni.
1. La legge regionale, nel ripartire fra i comuni e la città
metropolitana le funzioni amministrative, attribuisce alla
città metropolitana, oltre alle funzioni di competenza
provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni
quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per
ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma
coordinata nell'area metropolitana, nell'ambito delle
seguenti materie:
a) pianificazione territoriale dell'area metropolitana;
b) viabilità, traffico e trasporti;
c) tutela e valorizzazione dei beni culturali e
dell'ambiente;
d) difesa del suolo, tutela idrogeologica, tutela e
valorizzazione delle risorse idriche, smaltimento dei
rifiuti;
e) raccolta e distribuzione delle acque e delle fonti
energetiche;
f) servizi per lo sviluppo economico e grande distribuzione
commerciale;
g) servizi di area vasta nei settori della sanità, della
scuola e della formazione professionale e degli altri servizi
urbani di livello metropolitano.
2. Alla città metropolitana competono le tasse, le tariffe e
i contributi sui servizi ad essa attribuiti.
3. Ai comuni dell'area metropolitana restano le funzioni non
attribuite espressamente alla città metropolitana.
20. Riordino delle circoscrizioni territoriali dei comuni dell'area metropolitana.
1. Entro diciotto mesi dalla delimitazione dell'area
metropolitana, la regione, sentiti i comuni interessati,
provvede al riordino delle circoscrizioni territoriali dei
comuni dell'area metropolitana.
2. A tal fine la regione provvede anche alla istituzione di
nuovi comuni per scorporo da aree di intensa urbanizzazione o
per fusione di comuni contigui, in rapporto al loro grado di
autonomia, di organizzazione e di funzionalità, così da
assicurare il pieno esercizio delle funzioni comunali, la
razionale utilizzazione dei servizi, la responsabile
partecipazione dei cittadini nonché un equilibrato rapporto
fra dimensioni territoriali e demografiche.
3. I nuovi comuni, enucleati dal comune che comprende il
centro storico, conservano l'originaria
denominazione alla quale aggiungono quella più caratteristica
dei quartieri o delle circoscrizioni che li compongono.
4. Ai nuovi comuni sono trasferiti dal comune preesistente,
in proporzione agli abitanti ed al territorio, risorse e
personale nonché adeguati beni strumentali immobili e mobili.
21. Delega al Governo.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro ventiquattro mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo
parere delle competenti Commissioni parlamentari, appositi
decreti legislativi per la costituzione, su proposta delle
rispettive regioni, delle autorità metropolitane nelle aree
di cui all'articolo 17 (2/b).
2. I decreti, tenendo conto della specificità delle singole
aree, si conformeranno ai criteri di cui ai
precedenti articoli.
3. [In mancanza o ritardo della proposta regionale il Governo
provvede direttamente] (2/c).
4. Qualora la regione non provvede agli adempimenti di cui
all'articolo 20, il Governo con deliberazione del Consiglio
dei ministri invita la regione ad adempiere. Trascorsi
inutilmente sei mesi, il Governo è delegato a provvedere con
decreti legislativi, osservando i criteri di cui all'articolo
20, sentiti i comuni interessati e previo parere delle
competenti Commissioni parlamentari.
(2/b) Il termine di 24 mesi è stato differito di ulteriori
18 mesi dall'art. 1, L. 2 novembre 1993, n. 436 (Gazz. Uff. 8
novembre 1993, n. 262).
(2/c) Comma abrogato dall'art. 1, L. 2 novembre 1993, n. 436
(Gazz. Uff. 8 novembre 1993, n. 262).
22. Servizi pubblici locali.
1. I comuni e le province, nell'ambito delle rispettive
competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che
abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a
realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico
e civile delle comunità locali.
2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle
province sono stabiliti dalla legge.
3. I comuni e le province possono gestire i servizi pubblici
nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le
caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una
istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni
tecniche, economiche e di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più
servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali
senza rilevanza imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata
a prevalente capitale pubblico locale, costituite o
partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora
sia opportuna, in relazione alla natura o all'ambito
territoriale del servizio, la partecipazione di più soggetti
pubblici o privati.
(Giurisprudenza)
"> 23. Aziende speciali ed istituzioni.
1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale
dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale
e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o
provinciale.
2. L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per
l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia
gestionale.
3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio
di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale
compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e
revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto
dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a
criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno
l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso
l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i
trasferimenti.
5. Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento
delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto
e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati
dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui
dipendono.
6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione;
determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti
fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati
della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi
sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale
esercita le sue funzioni anche nei confronti delle
istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un
apposito organo di revisione nonché forme autonome di
verifica della gestione.
CAPO VIII
FORME ASSOCIATIVE E DI COOPERAZIONE. ACCORDI DI PROGRAMMA
24. Convenzioni.
1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi
determinati, i comuni e le province possono stipulare tra
loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le
forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti
finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico
servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la
regione, nelle materie di propria competenza, possono
prevedere forme di convenzione obbligatoria fra i comuni e le
province, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
(Giurisprudenza)
25. Consorzi.
1. I comuni e le province, per la gestione associata di uno o
più servizi e l'esercizio di funzioni possono costituire un
consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali
di cui all'articolo 23, in quanto compatibili. Al consorzio
possono partecipare altri enti pubblici, ivi comprese le
comunità montane, quando siano a ciò autorizzati, secondo le
leggi alle quali sono soggetti (2/d).
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza
assoluta dei componenti una convenzione ai sensi
dell'articolo 24, unitamente allo statuto del
consorzio.
3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine
e le competenze degli organi consortili coerentemente a
quanto disposto dai commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 36,
e dalla lettera n) del comma 2 dell'articolo 32, e prevedere
la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali
del consorzio; lo statuto deve disciplinare l'organizzazione,
la nomina e le funzioni degli organi consortili (2/e).
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto
per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi
rappresentanti legali anche enti diversi da comuni e
province, l'assemblea del consorzio è composta dai
rappresentanti degli enti associati nella persona del
sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con
responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata
dalla convenzione e dallo statuto (2/f).
5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne
approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi comuni e province non può essere costituito
più di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello
Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori
per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa
legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.
7-bis. Ai consorzi che gestiscono attività aventi rilevanza
economica e imprenditoriale, ai consorzi creati per la
gestione dei servizi sociali se previsto nello statuto, si
applicano, per quanto attiene alla finanza, alla contabilità
ed al regime fiscale, le norme previste per le aziende
speciali. Agli altri consorzi si applicano le norme dettate
per gli enti locali (2/g).
(2/d) Periodo aggiunto dall'art. 5, D.L. 28 agosto 1995,
n. 361, riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO STATO, che
ha anche modificato la prima parte del presente comma.
(2/e) Comma così modificato dall'art. 5, D.L. 28 agosto 1995,
n. 361, riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO
STATO.
(2/f) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 28 agosto 1995,
n. 361, riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO
STATO.
(2/g) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 28 agosto 1995, n.
361, riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO STATO.
26. Unioni di comuni.
1. In previsione di una loro fusione, due o più comuni
contermini, appartenenti alla stessa provincia, ciascuno con
popolazione non superiore a 5.000 abitanti, possono
costituire una unione per l'esercizio di una pluralità di
funzioni o di servizi.
2. Può anche far parte dell'unione non più di un comune con
popolazione fra i 5.000 e i 10.000 abitanti.
3. L'atto costitutivo ed il regolamento dell'unione sono
approvati con unica deliberazione dai singoli consigli
comunali, a maggioranza assoluta dei consiglieri
assegnati.
4. Sono organi dell'unione il consiglio, la giunta ed il
presidente, che sono eletti secondo le norme di legge
relative ai comuni con popolazione pari a quella complessiva
dell'unione. Il regolamento può prevedere che il consiglio
sia espressione dei comuni partecipanti alla unione e ne
disciplina le forme.
5. Il regolamento dell'unione contiene l'indicazione degli
organi e dei servizi da unificare, nonché le norme relative
alle finanze dell'unione ed ai rapporti finanziari con i
comuni.
6. Entro dieci anni dalla costituzione dell'unione deve
procedersi alla fusione, a norma dell'articolo 11. Qualora
non si pervenga alla fusione, l'unione è sciolta.
7. Alla unione di comuni competono le tasse, le tariffe e i
contributi sui servizi dalla stessa gestiti.
8. Le regioni promuovono le unioni di comuni ed a tal fine
provvedono alla erogazione di contributi aggiuntivi a quelli
normalmente previsti per i singoli comuni. In caso di
erogazione di contributi aggiuntivi, dopo dieci anni dalla
costituzione l'unione di comuni viene costituita in comune
con legge regionale, qualora la fusione non sia stata
deliberata prima di tale termine su richiesta dei comuni
dell'unione.
(Giurisprudenza)
27. Accordi di programma.
1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi
o di programmi di intervento che richiedono, per la loro
completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di
comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e
di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i
soggetti predetti, il presidente della regione o il
presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla
competenza primaria o prevalenti sull'opera o sugli
interventi o sui programmi di intervento, promuove la
conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di
uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il
coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le
modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato,
nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei
soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di
programma, il presidente della regione o il presidente della
provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i
rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del Presidente
della Regione, del Presidente della Provincia, dei Sindaci e
delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto
formale del presidente della regione o del presidente della
provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino
ufficiale della regione. L'accordo, qualora adottato con
decreto del presidente della regione, produce gli effetti
della intesa di cui all'articolo 81, D.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616 (3), determinando le eventuali e conseguenti
variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le
concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune
interessato.
5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti
urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere
ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena
di decadenza.
5.Bis Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche
comprese nei programmi dell'Amministrazione e per le quali
siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si
procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione
dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di
pubblica utilità, indefferibilità ed urgenza delle medesime
opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le
opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
6. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e
gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un
collegio presieduto dal presidente della regione o dal
presidente della provincia o dal sindaco e composto da
rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal
commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella
provincia interessata se all'accordo partecipano
amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
7. Allorché l'intervento o il programma di intervento
comporti il concorso di due o più regioni finitime, la
conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui spetta convocare
la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di
cui al comma 6 è in tal caso presieduto da un rappresentante
della Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composto dai
rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato
all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei ministri
esercita le funzioni attribuite dal comma 6 al commissario
del Governo ed al prefetto.
8. La disciplina di cui al presente articolo si applica a
tutti gli accordi di programma previsti da leggi vigenti
relativi ad opere, interventi o programmi di intervento di
competenza delle regioni, delle province o dei comuni, salvo
i casi in cui i relativi procedimenti siano già formalmente
iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge.
Restano salve le competenze di cui all'art. 7, L. 1° marzo
1986, n. 64 (4).
(3) Riportato alla voce REGIONI.
(4) Riportata alla voce CASSA PER IL MEZZOGIORNO.
28. Natura e ruolo.
1. Le comunità montane sono enti locali costituiti con leggi
regionali tra comuni montani e parzialmente montani della
stessa provincia, allo scopo di promuovere la valorizzazione
delle zone montane, l'esercizio associato delle funzioni
comunali, nonché la fusione di tutti o parte dei comuni
associati.
2. Le comunità montane hanno autonomia statutaria nell'ambito
delle leggi statali e regionali e non possono, di norma,
avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Dalle
comunità montane sono comunque esclusi i comuni con
popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti e i
comuni parzialmente montani nei quali la popolazione
residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per
cento della popolazione complessiva. Detta esclusione non
priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli
interventi speciali per la montagna stabiliti dalle Comunità
europee o dalle leggi statali e regionali.
3. La legge regionale può prevedere l'esclusione dalla
comunità montana di quei comuni parzialmente montani che
possono pregiudicare l'omogeneità geografica o
socio-economica; può prevedere altresì l'inclusione di quei
comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000
abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e
socio-economico della comunità.
4. Al fine della graduazione e differenziazione degli
interventi di competenza delle regioni e delle comunità
montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad
individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità
montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto
dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione,
delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della
fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà
socio-economica.
29. Funzioni.
1. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite
dalla legge e gli interventi speciali per la montagna
stabiliti dalla Comunità economica europea o dalle leggi
statali e regionali.
2. L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a
questi delegate dalla regione spetta alle comunità montane.
Spetta altresì alle comunità montane l'esercizio di ogni
altra funzione ad esse delegata dai comuni, dalla provincia e
dalla regione.
3. Le comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed
interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire
gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi
quelli previsti dalla Comunità economica europea, dallo Stato
e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione
dei programmi annuali operativi di esecuzione del
piano.
4. Le comunità montane, attraverso le indicazioni
urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono
alla formazione del piano territoriale di
coordinamento.
5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi
aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed
approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla
legge regionale.
6. Le regioni provvedono, mediante gli stanziamenti di cui
all'articolo 1 della legge 23 marzo 1981, n. 93 (5), a
finanziare i programmi annuali operativi delle comunità
montane, sulla base del riparto di cui al numero 3) del
quarto comma dell'articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n.
1102 (5/a), ed all'articolo 2 della citata legge n. 93 del
1981 (5).
7. Sono abrogati:
a) l'articolo 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991 (5/a),
come sostituito dall'articolo unico della legge 30 luglio
1957, n. 657, ed il secondo comma dell'articolo 14 della
citata legge n. 991 del 1952;
b) gli articoli 3, 5 e 7 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102
(5/a).
8. La comunità montana può essere trasformata in unione di
comuni, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 26, anche
in deroga ai limiti di popolazione.
(5) Riportata alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO STATO.
(5/a) Riportata alla voce BOSCHI, FORESTE E TERRITORI
MONTANI.
CAPO X
ORGANI DEL COMUNE E DELLA PROVINCIA
30. Organi.
1. Sono organi del comune il consiglio, la giunta, il
sindaco.
2. Sono organi della provincia il consiglio, la giunta, il
presidente.
(Giurisprudenza)
31. Consigli comunali e provinciali.
1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro
durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro
posizione giuridica sono regolati dalla legge.
2. I consiglieri entrano in carica all'atto della
proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena
adottata dal consiglio la relativa deliberazione.
2-bis. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate
al rispettivo Consiglio, devono essere assunte immediatamente
al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di
presentazione. Esse sono irrevocabili, non necessitano di
presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il Consiglio,
entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga
dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni,
seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale
risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora,
ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo
scioglimento del Consiglio a norma dell'articolo 39, comma 1,
lettera b), numero 2, della presente legge.
3. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi,
limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione
dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti ed
improrogabili.
4. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di
commissioni costituite nel proprio seno con criterio
proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle
commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di
pubblicità dei lavori.
5. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di
ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti,
tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al
segreto nei casi specificamente determinati dalla
legge.
6. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di
iniziativa su ogni questione sottoposta alla
deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di
presentare interrogazioni e mozioni.
7. Il presidente del consiglio comunale è tenuto a riunire il
consiglio, in un termine non superiore a venti giorni, quando
lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco,
inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste
(6/a).
7-bis. Nei casi in cui il consiglio è presieduto dal sindaco
o dal presidente della provincia, questi ultimi provvedono
alla convocazione del consiglio ai sensi del comma 7
(6/b).
8. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono
pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento.
(6) Comma aggiunto dall'art. 7, L. 15 ottobre 1993, n. 415
(Gazz. Uff. 18 ottobre 1993, n. 245), entrata in vigore il
giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(6/a) Comma così sostituito dall'art. 14, L. 25 marzo 1993,
n. 81, riportata al n. C/XVI.
(6/b) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 25 marzo 1993, n. 81,
riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
32. Competenze dei consigli.
1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti
fondamentali:
a) gli statuti dell'ente e delle aziende speciali, i
regolamenti, l'ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) i programmi, le relazioni previsionali e programmatiche, i
piani finanziari, i programmi ed i progetti preliminari di
opere pubbliche, i bilanci annuali e pluriennali e relative
variazioni, i conti consuntivi, i piani territoriali e
urbanistici, i piani particolareggiati ed i piani di
recupero, i programmi annuali e pluriennali per la loro
attuazione, le eventuali deroghe ad essi, i pareri da rendere
nelle dette materie (6/bb);
c) ABROGATA
d) le convenzioni tra i comuni e quelle tra comuni e
provincia, la costituzione e la modificazione di forme
associative;
e) l'istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento
degli organismi di decentramento e di partecipazione;
f) l'assunzione diretta dei pubblici servizi, la costituzione
di istituzioni e di aziende speciali, la concessione dei
pubblici servizi, la partecipazione dell'ente locale a
società di capitali, l'affidamento di attività o servizi
mediante convenzione;
g) l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, la disciplina
generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei
servizi;
h) gli indirizzi da osservare da parte delle aziende
pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti
a vigilanza;
i) la contrazione dei mutui non previsti espressamente in
atti fondamentali del consiglio comunale e la emissione dei
prestiti obbligazionari (6/d);
l) le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi
successivi, escluse quelle relative alle locazioni di
immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e
servizi a carattere continuativo;
m) gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relative
permute, gli appalti e le concessioni che non siano previsti
espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne
costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino
nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di
competenza della giunta, del segretario o di altri
funzionari;
n) la definizione degli indirizzi per la nomina e la
designazione dei rappresentanti del comune presso enti,
aziende ed istituzioni, nonché la nomina dei rappresentanti
del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso
espressamente riservata dalla legge (6/e).
3. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al
presente articolo non possono essere adottate in via
d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo
quelle attinenti alle variazioni di bilancio da sottoporre a
ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena
di decadenza.
(6/bb) Lettera prima modificata dall'art. 15, L. 11 febbraio
1994, n. 109, riportata alla voce OPERE PUBBLICHE, e poi così
sostituita dall'art. 5-quater, D.L. 3 aprile 1995, n. 101,
riportato alla stessa voce.
(6/c) Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993,
n. 29, riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO STATO, nel
testo sostituito dall'art. 38, D.Lgs. 23 dicembre 1993, n.
546, limitatamente all'espressione "la disciplina dello Stato
giuridico e delle assunzioni del personale".
(6/d) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 89, L. 28
dicembre 1995, n. 549, riportata alla voce
AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO E CONTABILITÀ GENERALE DELLO
STATO.
(6/e) Lettera così sostituita dall'art. 15, L. 25 marzo 1993,
n. 81, riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
33. Composizione delle giunte.
1. La giunta comunale è composta dal sindaco, che la
presiede, e da un numero pari di assessori, stabilito dallo
statuto, non superiore a due nei comuni con popolazione
inferiore a 3.000 abitanti; non superiore a quattro nei
comuni con popolazione compresa tra 3.001 e 10.000 abitanti;
non superiore a sei nei comuni con popolazione compresa tra
10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a otto nei comuni
con popolazione superiore a 100.000 abitanti e nelle città
metropolitane.
2. La giunta provinciale è composta dal presidente, che la
presiede, e da un numero pari di assessori, stabilito dallo
statuto, non superiore ad un quinto dei consiglieri assegnati
all'ente, con arrotondamento all'unità immediatamente
superiore o inferiore in modo da ottenere un numero pari e
comunque non superiore ad otto.
3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e
nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal
presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti
del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di
compatibilità ed eleggibilità alla carica di
consigliere.
4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo
statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non
facenti parte del consiglio, in possesso dei requisiti di
compatibilità e di eleggibilità alla carica di consigliere
(6/f).
(6/f) Così sostituito dall'art. 23, L. 25 marzo 1993, n.
81, riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
34. Elezione del sindaco e del presidente della provincia Nomina della giunta.
1. Il sindaco e il presidente della
provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e
diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono
membri dei rispettivi consigli.
2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i
componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un
vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella
prima seduta successiva alla elezione unitamente alla
proposta degli indirizzi generali di governo. Il consiglio
discute ed approva in apposito documento gli indirizzi
generali di governo.
3. Chi ha ricoperto in due mandati consecutivi la carica di
assessore non può essere nel mandato successivo ulteriormente
nominato assessore.
4. Il sindaco può revocare uno o più assessori, dandone
motivata comunicazione al consiglio (6/g).
(6/g) Così sostituito dall'art. 16, L. 25 marzo 1993, n.
81, riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
35. Competenze delle giunte.
1. La giunta collabora con il sindaco o con il presidente
della provincia nell'amministrazione del comune o della
provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali.
2. La giunta compie gli atti di amministrazione che non siano
riservati dalla legge al consiglio e che non rientrino nelle
competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco
o del presidente della provincia, degli organi di
decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti,
collabora con il sindaco e con il presidente della provincia
nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio,
riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e
svolge attività propositive e di impulso nei confronti dello
stesso (6/h).
2.Bis È altresì di competenza della Giunta l'adozione dei
regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel
rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio.
(6/h) Così sostituito dall'art. 17, L. 25 marzo 1993, n.
81, riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
36. Competenze del sindaco e del presidente della provincia.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi
responsabili dell'amministrazione del comune e della
provincia (6/i).
1. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano
l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio
quando non è previsto il presidente del consiglio, e
sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e
all'esecuzione degli atti (6/l).
2. Essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi,
dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì
all'espletamento delle funzioni statali e regionali
attribuite o delegate al comune e alla provincia.
3. Il sindaco è inoltre competente, nell'ambito della
disciplina regionale e sulla base degli indirizzi espressi
dal consiglio comunale, a coordinare gli orari degli esercizi
commerciali, dei servizi pubblici, nonché gli orari di
apertura al pubblico degli uffici periferici delle
amministrazioni pubbliche, al fine di armonizzare
l'esplicazione dei servizi alle esigenze complessive e
generali degli utenti.
4. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del
consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
5. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il
sindaco e il presidente della provincia provvedono alla
nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti
del comune e della provincia presso enti, aziende ed
istituzioni (6/m).
5-bis. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere
effettuate entro quarantacinque giorni
dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del
precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di
controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi
dell'articolo 48 (6/n).
5-ter. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i
responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e
definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di
collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri
stabiliti dall'articolo 51 della presente legge, nonché dai
rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali
(6/n).
6. Il Sindaco e il Presidente della Provincia prestano
davanti al Consiglio, nella seduta di insediamento, il
giuramento di osservare lealmente la Costituzione
Italiana.
7. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma
della Repubblica e lo stemma del Comune, da portarsi a
tracolla della spalla destra.
(6/i) Comma così premesso dall'art. 12, L. 25 marzo 1993,
n. 81, riportata al n. C/XVI.
(6/l) Comma così sostituito dall'art. 12, L. 25 marzo 1993,
n. 81, riportata al n. C/XVI.
(6/m) Comma così sostituito dall'art. 13, L. 25 marzo 1993,
n. 81, riportata al n. C/XVI.
(6/n) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 25 marzo 1993, n. 81,
riportata al n. C/XVI.
(7) Riportato alla voce IMPIEGATI CIVILI DELLO STATO.
37. Mozione di sfiducia.
1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale
contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della
provincia o delle rispettive giunte non comporta le
dimissioni degli
stessi.
2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive
giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una
mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla
maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione
di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due
quinti dei consiglieri assegnati e viene messa in discussione
non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua
presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo
scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai
sensi delle leggi vigenti (7/a).
(7/a) Così sostituito dall'art. 18, L. 25 marzo 1993, n.
81, riportata al n. C/XVI.
37-bis. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia.
1. In caso di dimissioni, impedimento permanente, rimozione,
decadenza o decesso del sindaco o del presidente della
provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento
del consiglio. Il consiglio e la giunta rimangono in carica
sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o
presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le
funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono
svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal
vicepresidente.
2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il
sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o
di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione
dall'esercizio della funzione adottata ai sensi dell'articolo
15, comma 4-bis, della L. 19 marzo 1990, n. 55, come
modificato dall'art. 1, L. 18 gennaio 1992, n. 16.
3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente
della provincia diventano irrevocabili e producono gli
effetti di cui al comma 1 trascorso il termine di venti
giorni dalla loro presentazione al consiglio.
4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale
determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del
presidente della provincia nonché delle rispettive giunte
(7/b).
(7/b) Aggiunto dall'art. 20, L. 25 marzo 1993, n. 81,
riportata al n. C/XVI.
(Giurisprudenza)
38. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale.
1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo,
sovraintende:
a) alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione
ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia
elettorale, di leva militare e di statistica;
b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle
leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza
pubblica, di sanità e di igiene pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di
polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla
legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la
sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il
prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto
motivato e nel rispetto dei princìpi generali
dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e
urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia
locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei
relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra,
l'assistenza della forza pubblica.
3. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a
persone determinate e queste non ottemperano all'ordine
impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli
interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati
in cui fossero incorsi.
4. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di
cui al presente articolo.
5. Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo, il
prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare
funzionamento dei servizi stessi nonché per l'acquisizione di
dati e notizie interessanti altri servizi di carattere
generale.
6. Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del
comma 1, nonché dall'articolo 10, il sindaco, previa
comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle
funzioni ivi indicate al presidente del consiglio
circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di
decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad
un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei
quartieri e nelle frazioni.
7. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia
ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può
nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni
stesse.
8. Alle spese per il commissario provvede l'ente
interessato.
9. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma
2, il prefetto provvede con propria ordinanza.