Non voglio pagare i debiti di mio padre
Quanti figli di fronte ad un comportamento irresponsabile del genitore defunto sono arrivati a dire: "non voglio pagare i debiti di mio padre". Le domande che dobbiamo porci in questi casi è: come evitare di pagare i debiti del defunto? Ci sono debiti che non si trasmettono agli eredi? Si tratta come è evidente di una questione molto delicata, visto che neppure la morte cancella tutti i debiti rimasti insoluti, e rispetto alla quale i nostri utenti ci chiedono di fare un po' di chiarezza
Come evitare di pagare i debiti del defunto: rinuncia all'eredità
Cominciamo col dire che gli eredi sono obbligati a soddisfare i debiti ereditari esclusivamente pro quota, e cioè in proporzione delle rispettive quote ereditarie (responsabilità pro quota). Essi, pertanto, non possono essere condannati al pagamento solidale di tali debiti. Tale regola non si applica, tuttavia, alle imposte sui redditi (Irpef, Irap, Ires) e sulle donazioni (responsabilità solidale).
Ciò detto si supponga che l’Amministrazione Finanziaria notifichi un avviso di accertamento o una cartella esattoriale ad una persona che risulta in realtà deceduta. Come devono comportarsi i familiari in questi casi?
Bisogna innanzitutto dire che i familiari devono rispondere dei debiti tributari del defunto solo se hanno accettato l’eredità e quindi se hanno acquisito la qualità di erede. Ricordiamo a tal proposito che vi può essere accettazione “espressa” (una dichiarazione scritta dalla quale risulti l'intenzione di accettare l'eredità) o “tacita” (un comportamento chiaro ed inequivocabile da cui si desume la volontà di accettare l'eredità: la vendita dell’appartamento, la riscossione di crediti del defunto, ecc.).
Con l’accettazione dell’eredità, il familiare risponde, dunque, di tutte le obbligazioni (comprese quelle di natura tributaria) facenti capo al de cuius, anche con il proprio patrimonio personale nel caso in cui quello dell’estinto non fosse sufficiente.
Ma attenzione: se si tratta di tasse e tributi (Irpef, IMU, tassa rifiuti, bollo auto, ecc.) gli eredi sono tenuti si al pagamento, ma unicamente delle somme evase o dovute dal defunto e dei relativi interessi, con esclusione quindi di sanzioni e soprattasse (art.8 D.Lgs. n. 472/1997). Questo significa che gli eredi possono chiedere all’Amministrazione Finanziaria di riformulare la cartella addebitando soltanto i tributi agli eredi e non anche le sanzioni. Questo il
da compilare e trasmettere.
E se i familiari anziché accettare l’eredità vi avessero rinunciato? In questo caso poiché la rinuncia all’eredità è retroattiva (art. 521 Cod. Civ.), gli eredi rinunciatari possono opporsi a qualsiasi pretesa del fisco o di eventuali creditori inviando anche in questo caso una richiesta di archiviazione del provvedimento. Questo il
E’ consigliabile trasmettere le comunicazioni non solo all’ufficio competente (ufficio tributario creditore che figura nella cartella), ma anche al soggetto incaricato dell’esercizio dell’attività di riscossione di tributi (es. Agenzia Entrate Riscossione - ex Equitalia).
Ricordiamo che l'alternativa alla rinuncia è l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario. In questo caso i debiti del defunto verranno pagati soltanto con il patrimonio della persona deceduta e nel limite del suo valore e gli eredi non subiranno aggressioni al proprio patrimonio personale.
Debiti che non si trasmettono agli eredi
E' importante sottolineare che il pagamento da parte degli eredi non è dovuto sempre e comunque. Per essere più precisi ci sono debiti che non si trasmettono agli eredi, neppure nel caso in cui questi abbiano accettato l'eredità.
Ci riferiamo, ad esempio, alle contravvenzioni, vale a dire alle multe elevate per infrazioni al codice della strada. Dunque se un erede si vede notificare un verbale per divieto di sosta o per eccesso di velocità intestato ad una persona deceduta, può chiederne l’archiviazione in quanto il debito non è trasmissibile agli eredi. A tal fine si può utilizzare questo
Analogo discorso vale per le sanzioni tributarie. Abbiamo visto nel paragrafo precedente come gli eredi non possono esimersi dal saldare i debiti maturati dal de cuius nei confronti di Inps, Agenzia delle Entrate, Comune o Regione, tuttavia gli stessi non possono essere chiamati a rispondere anche delle sanzioni applicate dagli enti di riscossione per omesso o tardivo versamento delle imposte.
Tra i debiti che non si trasmettono agli eredi, ci sono anche quelli legati alle sanzioni amministrative, vale a dire a quelle sanzioni conseguenti, ad esempio, al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, all'emissione di assegni a vuoto, alla violazione degli obblighi di previdenza e assistenza sociale e via discorrendo.
Non sono trasmissibili agli eredi neppure le sanzioni penali, i debiti di gioco o quei debiti legati, ad esempio, al mancato pagamento di un'opera d'arte realizzata su commissione.
Cos'hanno in comune tutti questi debiti? Sono tutti debiti "personali" del defunto, come tali non cadono in successione e si estinguono con la morte del debitore.
Come evitare di pagare i debiti del defunto: la prescrizione
Gli eredi possono scamparla anche nel caso in cui i debiti contratti dal defunto siano caduti in prescrizione. Ricordiamo che la prescrizione è un istituto giuridico che prevede la perdita di un diritto nel momento in cui lo stesso non viene esercitato entro un termine prefissato dalla legge. Tale termine varia in funzione del tipo di debito contratto. A titolo di esempio, il termine di prescrizione è di
- 10 anni per i debiti erariali (Irpef, Iva, Ires, Imposta di registro, ecc.), decorrente dalla scadenza del termine per il pagamento;
- 10 anni per il canone Rai, decorrente dalla fine di gennaio dell’anno in cui sarebbe dovuto essere corrisposto;
- 5 anni per i tributi locali (IMU, TARI, ecc.), decorrente dall'anno di riferimento del pagamento;
- 5 anni per i contributi previdenziali Inps (successivi al 1.01.2016), decorrente dall'anno di riferimento del pagamento. Per i contributi anteriori alla data del 1.01.2016 il termine è di 10 anni;
- 5 anni per le contravvenzioni stradali, decorrente dalla data dell'infrazione;
- 3 anni per il bollo auto, decorrente dal 1 gennaio dell’anno successivo a quello in cui sarebbe dovuto essere corrisposto;
- 10 anni per le rate di mutuo e più in generale per i debiti con banche e finanziarie;
- 5 anni per le bollette di telefono e pay tv, decorrente dalla data di scadenza espressa in fattura;
- 2 anni per le bollette di acqua, luce e gas, decorrente dalla data di scadenza indicata in fattura;
- 5 anni per il canone di affitto e le spese condominiali.
Ora è bene sottolineare che nel momento in cui il creditore invia al debitore una qualsiasi comunicazione (un sollecito, una cartella, un atto di pignoramento, ecc.), il termine di prescrizione si interrompe e comincia nuovamente a decorrere. Dunque è molto importante che gli eredi siano a conoscenza anche di eventuali comunicazioni trasmesse dal creditore al de cuius.
Dal nostro portale si possono scaricare diversi modelli con cui far valere la prescrizione. Ne citiamo alcuni:
- lettera prescrizione bolletta;
- fac simile prescrizione TARI;
- fac simile prescrizione IMU;
- fac simile prescrizione bollette telefoniche;
- prescrizione diritto annuale camera di commercio;
- prescrizione debiti bancari;
- prescrizione spese condominiali;
- prescrione bolletta luce;
- prescrione bolletta gas;
- prescrione bolletta acqua.
E se il debitore (defunto) avesse ricevuto una cartella esattoriale? In questo caso poco o nulla cambierebbe, dal momento che la cartella facendo riferimento al mancato pagamento dell'IVA, del bollo o dell'IMU, si dovrebbe ancora una volta far riferimento, ai fini della prescrizione, al termine associato ad ogni specifico debito.
Diverso è se il debitore, una volta ricevuta la cartella, avesse proposto ricorso in Tribunale e l'istanza di archiviazione fosse stata rigettata dal Giudice. In questo caso specifico, indipendentemente dall'oggetto della cartella, il termine di prescrizione sarebbe di 10 anni dalla data della sentenza di condanna.