Disabilità e lavoro: cosa prevede la legge 104

Rinaldo Pitocco - Ultimo aggiornamento: 16/01/2018

Il 18 Febbraio del 1992 entra in vigore la Legge 104, che stabilisce una serie di benefici in favore delle persone disabili o portatrici di handicap. Negli anni è diventata un vero punto di riferimento per i disabili e le relative famiglie, in quanto contiene un quadro completo dei diritti e delle agevolazioni erogate dallo Stato. Con la promulgazione di questa legge, infatti, la Repubblica Italiana persegue 4 obiettivi fondamentali, che sono: 1- “Il pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata” – facilitandone l’integrazione in famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; 2- La prevenzione e la rimozione delle “condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali”; 3- “Il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicurazione dei servizi e delle prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata”; 4- La predisposizione di interventi che aiutano a “superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata”.

Come si traducono in pratica questi obiettivi? Nei prossimi paragrafi illustreremo quali sono le tutele offerte ai disabili o portatori di handicap e alle persone che li assistono, dunque come ottenere il riconoscimento dell’handicap e come farlo valere per prendere congedi o permessi a lavoro.

Quali differenze tra invalidità, disabilità ed handicap

Prima di iniziare ci preme fare una distinzione fra termini che spesso e volentieri vengono utilizzati come sinonimi, ma che al contrario esprimono concetti sostanzialmente diversi. Ci riferiamo esattamente ai termini handicap, disabilità e invalidità civile

Quando si parla di invalidità civile ci si riferisce alla difficoltà a svolgere una determinata attività lavorativa nei modi e nei limiti considerati normali per un individuo; in pratica la percentuale di invalidità attribuita al soggetto è strettamente correlata alla riduzione della capacità a svolgere una certa attività lavorativa (leggi "Come presentare la domanda di invalidità civile").

Quando si parla di disabilità, invece, si fa riferimento ad una patologia o menomazione (fisica, psichica o sensoriale) che pone il soggetto in una condizione di svantaggio e di emarginazione nei confronti delle altre persone ritenute normali (handicap): difficoltà ad apprendere, a relazionarsi con gli altri, ecc. In buona sostanza possiamo dire che la disabilità è la causa della situazione di handicap. Si ha una situazione di handicap grave quando l'autonomia personale del soggetto è ridotta a tal punto da rendere necessaria l'assistenza permanente e continuativa di un terzo.

Chiaramente lo stesso soggetto può trovarsi in entrambe le condizioni, ossia essere contemporaneamente invalido civile e portatore di handicap, così come è possibile versare in uno stato di handicap grave anche in assenza di riconoscimento di uno stato di invalidità civile.

E' importante rilevare che la distinzione non esiste solo a livello concettuale: sono diversi i criteri di valutazione stabiliti per accertare l'invalidità e la situazione di handicap, così come sono diversi i benefici che si possono ottenere nell'uno e nell'altro caso. In particolare il riconoscimento della situazione di handicap non dà luogo a prestazioni economiche, ma consente unicamente di usfruire di talune agevolazioni, come i permessi lavorativi, concessi sia ai lavoratori disabili che ai familiari che li assistono, e il congedo retribuito per i familiari che assistono persone affette da grave handicap. Si tratta di agevolazioni disciplinate appunto dalla Legge 104 del 5 febbraio 1992.

Lo stato di invalidità civile, al contrario, consente di beneficiare di prestazioni economiche come l’indennità di accompagnamento, la pensione di invalidità e l’assegno di inabilità

Legge 104/92: quali sono i benefici

La Legge 104 del 1992 sancisce una serie di tutele in favore delle persone con disabilità o portatrici di un grave handicap. Prevedendo che esse possano non considerarsi completamente autonome e che quindi possa rendersi necessaria l'assistenza di un terzo, la Legge 104 ha previsto che il godimento di certi benefici fosse appannaggio non solo dei disabili ma anche dei familiari deputati ad accudirli. Vediamo insieme quali sono:

Permessi retribuiti - Un lavoratore dipendente con handicap grave ha diritto ogni mese a 3 giorni di permessi retribuiti. Ha diritto alla stessa agevolazione chi assiste un figlio o un familiare con handicap grave, naturalmente sempre qualora svolga un’attività di lavoro dipendente. Il permesso può essere anche frazionato ad ore (1 o 2 ore di riposo al giorno in base all’orario di lavoro).

Congedo retribuito di due anni - Chi assiste un parente con handicap grave ha diritto a un congedo retribuito, della durata massima di 2 anni (giorni festivi e non lavorativi inclusi) nell’arco dell’intera vita lavorativa. Lo stesso congedo spetta al lavoratore dipendente portatore di handicap grave. Anche in questo caso è possibile assentarsi anche in maniera frazionata, ma solo in modalità giornaliera e non oraria. Tra i parenti possono richiedere il congedo il coniuge, i genitori, i figli, i fratelli e le sorelle e, in mancanza, altri parenti o affini fino al terzo grado, secondo l'ordine indicato. L'importante è che essi risultino conviventi col lavoratore portatore di handicap, un requisito quest'ultimo che abbiamo visto non essere necessario per i permessi retribuiti. L'indennità che viene corrisposta al lavoratore durante il periodo di congedo straordinario corrisponde all'ultima retribuzione, ossia quella percepita nel mese che precede il congedo, fino ad un tetto massimo di poco meno di 48mila euro annuali (una soglia che ogni anno viene rivalutata). Per saperne di più ti consigliamo di leggere la guida specifica che abbiamo dedicato all’argomento “Congedo straordinario: assistere un familiare disabile ed essere retribuiti”.

Prolungamento congedo parentale - Il congedo parentale non è altro che la possibilità concessa ai genitori di astenersi dal lavoro fino ai dodici anni di età del bambino (o, nel caso degli adottivi, entro i dodici anni dall’ingresso nel nucleo del minore). Il periodo massimo di astensione per entrambi i genitori è di 10 mesi, fruibile in misura continuativa o frazionata. Per i periodi di congedo parentale e fino al sesto anno di vita del bambino è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi (leggi "Congedo parentale facoltativo: cos'è e come richiederlo"). Ma cosa accade se il figlio vive anche una condizione di handicap grave? In questo caso la legge prevede come ulteriore agevolazione una estensione del congedo parentale: in pratica la durata diventa di 3 anni, fruibile fino al compimento del dodicesimo anno di età del bambino. Chiaramente i tre anni equivalgono alla somma del congedo parentale ordinario e straordinario. Tutto questo a patto che il minore non venga ricoverato presso una struttura specializzata che non richieda la presenza assidua dei genitori. E' bene precisare che due figli portatori di handicap grave non danno diritto allo stesso lavoratore di fruire di un doppio congedo parentale.

Sede dell’attività lavorativa - Chi versa in una situazione di grave handicap e, dunque, beneficia della Legge 104, può scegliere di lavorare presso la sede più vicina al proprio domicilio, non può essere trasferito in nessun’altra sede contro il suo volere (a prescindere dal fatto che sussistano ragioni motivate addotte dall'azienda) e non può lavorare di notte o durante i giorni festivi (Domenica, Natale, Festa della Repubblica ecc.).

Benefici legge 104: chi ne ha diritto

In realtà lo abbiamo già anticipato, ma potrebbe essere utile riassumere attraverso un elenco i soggetti che hanno il diritto di beneficiare delle agevolazioni previste dalla legge 104. Essi sono:

  • i disabili con contratto di lavoro dipendente, anche part time;
  • il coniuge del soggetto disabile, purché sia un lavoratore dipendente;
  • i genitori del soggetto disabile (biologici, adottivi o affidatari, conviventi o non) purché siano lavoratori dipendenti;
  • i parenti del soggetto disabile o affini entro il secondo grado, dunque figli, nipoti, nonni, fratelli, suoceri, generi, nuore e cognati, purché lavoratori dipendenti e conviventi;
  • i parenti del soggetto disabile o affini entro il terzo grado (quindi anche bisnipoti) se i genitori o il coniuge hanno più di 65 anni oppure siano già precedentemente deceduti.

Sono esclusi, invece, i lavoratori autonomi e quelli parasubordinati, i lavoratori agricoli, a domicilio e quelli addetti ai lavoro domestici e familiari. L'Inps con la circolare n. 38/2017 ha chiarito che i permessi concessi dalla Legge 104 possono essere fruiti anche dai partner conviventi o dai membri di unioni civili (leggi “Unioni civili e convivenze di fatto: cosa cambia”).

Possono accedere ai benefici della Legge 104 tutti i cittadini italiani, gli stranieri e gli apolidi che hanno residenza, domicilio o dimora stabile nel territorio Italiano. Chiaramente le prestazioni a cui possono accedere sono quelle previste dalla legislazione italiana o dagli accordi internazionali.

Legge 104: requisiti

È essenziale, innanzitutto, che sia riconosciuto lo stato di disabilità o handicap, che in alcuni casi - come si è visto - può assumere anche una connotazione di "gravità": ciò in particolare accade quando l'autonomia personale si riduce a tal punto da rendere indispensabile un’assistenza di tipo permanente e continuativa. I casi di handicap o disabilità grave, ottengono (come è giusto che sia) la priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici. Dunque cosa prima cosa occorre essere in possesso di un certificato che attesti lo stato di disabilità. Chi non ne è in possesso deve richiederlo. A tal fine, dopo aver ottenuto il certificato medico, la persona interessata è tenuta a presentare una domanda all’Inps per poi presentarsi a visita presso la Commissione della propria Azienda Usl di residenza, coadiuvata dalla presenza di un medico Inps. Ricordiamo che ai fini della concessione dei congedi retribuiti di due anni così come dei permessi lavorativi, è importante che alla persona venga accertato uno stato di "grave" handicap.

L'altra condizione necessaria per fruire dei benefici della Legge 104, in particolare dei congedi biennali retribuiti, è che la persona a cui è stato accertato lo stato di handicap non sia ricoverato a tempo pieno presso strutture sanitarie specializzate. Ma c'è un'eccezione: nel caso in cui la presenza del familiare fosse espressamente richiesta dalla struttura, allora il parente potrebbe comunque fruire del congedo.

Infine un ultimo importante requisito: la convivenza. Tale requisito è richiesto in particolar modo nel caso del congedo retribuito, un beneficio concesso dalla Legge 104 a coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle e, in mancanza, ad altri parenti o affini fino al terzo grado. Ma cosa si intende esattamente per "convivenza"? Possiamo dire che il disabile e il familiare che lo assistite convivono se hanno la residenza nello stesso Comune e presso lo stesso indirizzo: dunque stesso numero civico anche se in interni diversi. Ciò può essere dimostrato attraverso un semplice certificato di residenza.

Legge 104: richiesta di riconoscimento dell’handicap

Dopo aver compreso chi può inviare la domanda per l’ottenimento dei benefici e chi no, passiamo ora a descrivere la procedura di richiesta, da espletare telematicamente con tutta la documentazione necessaria. Il procedimento è molto semplice, tuttavia per renderlo ancora più comprensibile, lo suddivideremo in 5 passaggi fondamentali.

1. Per prima cosa occorre recarsi dal proprio medico curante e farsi rilasciare un certificato che attesti la condizione di disabilità e le eventuali patologie di cui si è affetti. Questo certificato viene compilato e trasmesso telematicamente all'Inps dal medico curante, che provvede altresì a stampare e a consegnare al paziente una copia dello stesso firmato in originale e contenente un codice univoco. Il certificato ha validità 90 giorni, dunque se in questo lasso di tempo non si presenta la domanda all'Inps bisognerà attivarsi per richiedere un nuovo certificato al proprio medico curante;

2. A questo punto occorre presentare la domanda di accertamento o riconoscimento dell'handicap all'Inps. Tale domanda può essere trasmessa solo telematicamente: a tal fine occorre essere in possesso dell'identità digitale (Spid, CIE o CNS). Chi invece ritenesse non di non essere in grado di cimentarsi con una procedura di questo tipo, può affidarsi all'assistenza di un CAAF, oppure di un patronato, associazione di categoria o altra organizzazione. Alla domanda occorre allegare il certificato rilasciato dal medico. Tutte le fasi di avanzamento della pratica possono essere monitorate attraverso il sito dell’Inps.

3. La procedura informatica propone quindi una lista di date disponibili per l’accertamento presso la Commissione dell’Azienda USL tra cui scegliere. In ogni caso il cittadino riceve nell'arco massimo di 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, una lettera con raccomandata con avviso di ricevimento con cui gli viene comunicato ufficialmente la data e il luogo della visita. Nella lettera è anche indicato cosa fare in caso di impedimento a presentarsi a visita, così come sono specificate le conseguenze che possono derivare dalla eventuale non risposta alla chiamata. In caso di assenza a visita senza giustificato motivo, la domanda viene rigettata. Invece nel caso in cui il cittadino versi in un particolare stato di salute, è possibile richiedere la visita domiciliare.

4. Avviene la visita medica di accertamento presso la Commissione della Azienda USL competente (è presente anche un medico dell'Inps). Se la Commissione è unanime, si procede alla redazione del verbale elettronico che sancisce l’esito della visita, il quale deve essere approvato dal Responsabile del Centro Medico Legale dell’Inps. Al contrario, se la Commissione non è unanime, l’Inps acquisisce tutti i documenti del caso e procede al loro riesame. In questi casi il medico dell'Inps Questi può validare il verbale entro 10 giorni successivi oppure richiedere una nuova visita, a cui questa volta parteciperanno un medico rappresentante delle associazioni di categoria e un operatore sociale. In entrambi le situazioni il verbale definitivo viene trasmesso dall’Inps al richiedente in duplice versione: una contiene tutti i dati sensibili dell’interessato, mentre l’altra esplicita solo il giudizio finale. Chiaramente se la commissione medica si è espressa negativamente, nel senso che non ha riconosciuto lo stato di handicap o di handicap grave, il cittadino può presentare ricorso in Tribunale presentando un'istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie.

5. Una volta ottenuto il riconoscimento dello stato di handicap non resta che provvedere alla richiesta vera e propria dei permessi o dei congedi lavorativi. Le domande in questo caso dovranno essere presentate all'Inps di residenza (o di domicilio) personalmente o tramite un ente di patronato che offre assistenza gratuita, oppure può essere inviato per posta (tramite raccomandata con ricevuta di ritorno) allegando copia del documento di riconoscimento. Il modulo deve essere presentato agli uffici Inps in duplice copia, una delle quali sarà restituita protocollata al richiedente che a sua volta dovrà consegnarla al datore di lavoro, che ha la competenza e la gestione concreta dei permessi.

Dal nostro portale la modulistica per la: richiesta-congedo-biennale-legge-104

Legge 104: fruizione permessi tramite richiesta al datore di lavoro

Come hai avuto modo di capire, dopo aver ottenuto il riconoscimento da parte dell’Inps, il soggetto disabile o i familiari che si occupano di assisterlo devono concordare con il datore di lavoro i giorni o le ore di permesso da prendere.

Fondamentalmente il lavoratore “chiede” di poter usufruire di un servizio di cui ha pieno diritto e il datore non può rifiutarsi di concederglielo, anche se la richiesta arriva all’ultimo momento. Nonostante ciò, per esigenze aziendali di tipo pratico e organizzativo, si consiglia al lavoratore di comunicare l’esigenza di un permesso con un certo preavviso.

Nel testo della legge non ci sono riferimenti, ma di norma è meglio se le due parti, di comune accordo, decidessero quanto prima sia meglio comunicare la richiesta del congedo lavorativo o dei permessi retribuiti. Ad esempio, è possibile convenire che la pianificazione sui permessi avvenga settimanalmente, mensilmente o bimestralmente, a seconda delle esigenze.

Legge 104: lavoro dipendente e retribuzione

La retribuzione prevista per i giorni lavorativi che il lavoratore dedica all’assistenza di un familiare disabile viene erogata dall’Inps e corrisponde alla normale retribuzione giornaliera, prevista dal contratto di lavoro.

Chiaramente sono esclusi gli elementi variabili della retribuzione come straordinari, indennità, tredicesima mensilità, festività, permessi, congedo matrimoniale, malattia, maternità, assegni per il nucleo familiare e così via. L’indennità prevista dalla legge 104 viene anticipata dal datore di lavoro, che in un secondo momento può recuperarla tramite i conguagli contributivi da richiedere con la procedura Uniemens.

Legge 104: risvolti negativi

Chiunque sia interessato a fruire delle agevolazioni previste dalla legge per chi assiste un familiare disabile deve sapere che la normativa è piuttosto rigida e non ammette leggerezze. A cosa ci riferiamo? È molto semplice: chi prende una giornata di permesso retribuito per dedicarsi alla cura di un parente disabile non può dedicare altro tempo ad attività diverse da quella assistenziale.

Qualora il datore di lavoro sospetti dell’illegittimità della richiesta, infatti, potrebbe assumere un agente investigativo e predisporre un dossier sulle ore o sui giorni nei quali il proprio lavoratore ha fruito dei benefici della 104. Se il risultato delle indagini evidenziasse un comportamento incoerente, rispetto alla richiesta, il lavoratore rischierebbe il licenziamento.

Pubblicato il 16/01/2018
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